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Mostra in corso: Francesco Tabusso
inizio 25-03-2023 fine 22-04-2023
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Cresciuto artisticamente all’ombra della Mole Antonelliana e nello studio di Felice Casorati, Francesco Tabusso, classe 1930, raggiunge presto la notorietà (è del 1954 la presenza alla Biennale di Venezia e poi a quelle successive del 1956 e del 1958) con una pittura caratterizzata dall’immediatezza e dalla semplicità. Alla didattica (insegna anche al Liceo dell’Accademia Albertina) affianca un’intensa attività espositiva, con opere che hanno il sapore di una trasfigurazione del reale dal tono quasi magico, se non fiabesco. Un pittore, Tabusso, che ha sempre esplorato strade solitarie, al di là delle mode e dei movimenti, sospinto da una vocazione al racconto, alla visualizzazione di paesaggi e personaggi spesso appartenenti ad un mondo popolare e/o contadino. Una rappresentazione sempre espressa nel solco di una figurazione quasi fanciullesca, che comunque non deve essere considerata come superficiale o priva di contenuti.
Se oltre la siepe del Monte Tabor, di leopardiana memoria, non ci si immagina solo un paesaggio agreste, ma piuttosto quell’ostacolo ci consente la fuga della mente verso spazi infiniti che procurano un profondo benessere, oltre ad un senso di pauroso sgomento (naufragare nell’inafferrabile conoscenza del futuro), cosa si nasconde dietro le rappresentazioni delle tele di Tabusso?
Dietro quella campagna proposta nell’alternarsi delle stagioni, oltre quelle figure di umani e di animali colti nella quotidianità, si annidano sensazioni di malinconia, di rassegnazione ad un ineluttabile destino, scandite da pitture spesso asciutte, avare di variazioni cromatiche: «…i quadri di Francesco Tabusso immediatamente mi provocano una forte emozione poetica e un indefinibile sentimento simile alla malinconia, a un rimpianto per qualcosa che abbiamo perduto» (Mario Rigoni Stern, 1990). E anche quando si accendono in un accatastarsi quasi incontrollato, i colori nascondono una resa incondizionata al susseguirsi degli eventi.
Un racconto, il suo, fatto di sensazioni, di emozioni, espresso con un linguaggio personale e riconoscibile, ma che anche quando ci descrive un mondo composto da oggetti veritieri, anche quando ci presenta figure femminili ritratte da reali modelle, non possiamo non sospettare, non possiamo esimerci dal dubitare, insomma siamo costretti a riflettere su immagini che comunque hanno un qualcosa di irreale. Le composizioni, anche quelle che a prima vista sembrano le più banali, generano comunque un’inquietudine difficilmente nascondibile: le prospettive alterate, le figure inserite in improbabili paesaggi, le scene della quotidianità agreste non si lasciano leggere come unicamente descrittive (Tabusso non è certamente un pittore naif…) di un suo particolare universo, ma sono da decifrare come messaggi di uno stato d’animo inquieto, tormentato, forse sofferente, in perenne ricerca di una quiete mai trovata.
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